Nonna accompagna il nipote in crisi così e i genitori rimangono a bocca aperta: il segreto è nelle prime parole

Trovarsi di fronte a un nipotino in preda a una crisi emotiva può far emergere un senso di inadeguatezza inaspettato, anche per chi ha già cresciuto dei figli. Gli strumenti educativi che funzionavano una generazione fa sembrano non bastare più, e questo non dovrebbe sorprendere: il ruolo di nonna richiede competenze diverse da quelle materne, mentre le aspettative emotive sono profondamente cambiate. Comprendere questa dinamica è il primo passo per trasformare l’ansia in presenza efficace accanto ai propri nipoti.

Perché le crisi dei nipoti sembrano più intense

I bambini di oggi crescono in contesti radicalmente diversi rispetto al passato. Gli studi in psicologia dello sviluppo e pediatria evidenziano come siano esposti a un numero maggiore di stimoli digitali, scolastici e sociali, con un aumento del rischio di sovraccarico emotivo soprattutto quando mancano routine prevedibili e tempi di riposo adeguati. Le loro reazioni possono apparire amplificate non perché siano più capricciosi, ma perché il loro sistema nervoso è costantemente sollecitato.

Le nonne vivono poi una relazione affettiva particolare con i nipoti: meno gravata dalle responsabilità quotidiane rispetto ai genitori, ma ugualmente intensa dal punto di vista emotivo. Quando un bambino piange disperatamente o manifesta rabbia, la nonna può sentirsi in dovere di risolvere immediatamente la situazione, percependo ogni lacrima come un proprio fallimento personale. Le ricerche sulla relazione nonni-nipoti mostrano che i nonni possono diventare importanti figure di attaccamento secondario, con un forte coinvolgimento affettivo che rende ogni crisi emotivamente impegnativa.

Il potere della regolazione emotiva condivisa

La neuroscienza dello sviluppo mostra che i bambini piccoli hanno capacità molto limitate di autoregolazione emotiva, perché le aree cerebrali coinvolte nel controllo degli impulsi, in particolare la corteccia prefrontale, maturano gradualmente fino all’adolescenza e oltre. Nei primi anni di vita i bambini si affidano in modo cruciale alla regolazione condivisa con l’adulto. Questo concetto cambia completamente la prospettiva: la nonna non deve fermare il pianto a tutti i costi, ma accompagnare il nipote attraverso l’emozione, offrendo contenimento e presenza.

La tecnica più efficace consiste nel mantenere la propria calma interiore. Gli studi sul contagio emotivo e sulla regolazione diadica mostrano che gli stati emotivi dell’adulto influenzano in modo diretto quelli del bambino, sia a livello comportamentale che fisiologico. Quando una nonna respira lentamente e consapevolmente durante una crisi del nipote, trasmette attraverso il tono di voce, la postura e persino il ritmo cardiaco un messaggio implicito di sicurezza. Il bambino può percepire, anche senza parole, che quella situazione, per quanto intensa, è gestibile.

Strategie pratiche di presenza emotiva

  • Nominare le emozioni senza giudicarle: frasi come “vedo che sei davvero arrabbiato” oppure “hai avuto una grande paura” aiutano a validare l’esperienza del bambino senza minimizzarla. La ricerca mostra che etichettare le emozioni è associato a una migliore regolazione emotiva e a una riduzione dell’attivazione fisiologica
  • Offrire contatto fisico calibrato: alcuni bambini in crisi cercano un abbraccio stretto, altri hanno bisogno di spazio. Chiedere “vuoi che ti stia vicino o preferisci un po’ di spazio?” sostiene la loro autonomia pur rimanendo disponibili. Il contatto fisico affettuoso è associato a una riduzione dei livelli di cortisolo e a un aumento del senso di sicurezza
  • Utilizzare la ripetizione ritmica: frasi semplici ripetute con dolcezza come “sono qui con te, sono qui con te” creano un ancoraggio rassicurante. La comunicazione verbale ritmica e prevedibile, simile alle ninne nanne, è stata collegata a una diminuzione dello stress nei bambini
  • Evitare le domande razionali durante la tempesta: chiedere “perché piangi?” a un bambino in piena crisi è spesso controproducente, perché in quel momento le strutture cerebrali deputate al pensiero riflessivo sono meno disponibili. È più efficace rinviare il dialogo esplicativo a quando il bambino è tornato calmo

Costruire un vocabolario emotivo insieme

Una delle difficoltà maggiori per i bambini è trovare le parole per ciò che sentono. Le nonne possono svolgere un ruolo prezioso nell’arricchire questo vocabolario emotivo, ma non durante la crisi, bensì nei momenti di tranquillità. Gli studi indicano che parlare di emozioni in contesti calmi, leggere libri illustrati che rappresentano stati emotivi e commentare le espressioni facciali aiuta i bambini a riconoscere e gestire meglio le proprie emozioni.

Leggere insieme libri che parlano di emozioni, giocare a riconoscere espressioni facciali o semplicemente raccontare episodi della propria vita nominando le emozioni provate crea una mappa emotiva a cui il bambino può attingere. Particolarmente utile è il gioco del termometro delle emozioni: insieme al nipote, la nonna può creare un cartellone dove ogni emozione ha diversi livelli di intensità. La rabbia può essere un fastidio lieve, una irritazione media o una furia esplosiva. Questa gradualità aiuta i bambini a riconoscere l’emozione quando è ancora gestibile, prima che diventi travolgente.

Quando la paura prende il sopravvento

Le paure infantili possono sembrare irrazionali agli adulti, ma per i bambini sono assolutamente reali. Dire “non c’è niente di cui aver paura” rischia di invalidare la loro esperienza. La letteratura sui disturbi d’ansia in età evolutiva sottolinea che la validazione e il supporto, più che la minimizzazione, sono associati a una migliore riduzione dell’ansia nel tempo.

Molto più efficace è riconoscere la paura e offrire strumenti concreti. Le tecniche di respirazione lente e guidate sono raccomandate nei protocolli di gestione dell’ansia nei bambini perché riducono l’attivazione fisiologica. Trasformarle in immagini come “soffiamo via la paura come se fosse una candela” o “respiriamo l’odore dei fiori” coinvolge il corpo e la fantasia nel processo di calma, rendendo l’esercizio più accessibile ai più piccoli.

Le nonne possono anche diventare custodi di oggetti transizionali significativi: un fazzoletto profumato, un sassolino liscio da tenere in tasca, una frase speciale che solo loro due conoscono. Questi elementi aiutano il bambino a tollerare la separazione e a sentirsi sicuro anche in assenza della figura di attaccamento, creando un ponte emotivo tra la sicurezza della presenza della nonna e i momenti di difficoltà.

Comunicare efficacemente con i genitori

Un aspetto spesso trascurato è l’allineamento con le strategie educative dei genitori. Le crisi dei nipoti possono essere gestite meglio quando nonne e genitori collaborano senza giudizio reciproco. Chiedere con curiosità genuina “come fate voi quando succede?” non è un segno di debolezza, ma di intelligenza relazionale. Gli studi sulla coparentalità allargata mostrano che la coerenza tra le figure adulte di riferimento è associata a una maggiore sicurezza emotiva del bambino.

Quando tuo nipote piange disperatamente, cosa fai istintivamente?
Cerco di farlo smettere subito
Respiro e resto presente
Chiamo i genitori in panico
Mi sento in colpa e inadeguata
Lo abbraccio forte senza parlare

Le nonne portano un patrimonio di esperienza che, tradotto nel linguaggio contemporaneo e integrato con le conoscenze attuali sull’educazione emotiva, rimane prezioso. Creare momenti dedicati al dialogo con i propri figli sul tema dell’educazione emotiva rafforza la rete di supporto attorno al bambino. Ogni adulto significativo che risponde in modo sufficientemente coerente alle sue crisi emotive contribuisce a costruire quella che gli psicologi chiamano sicurezza dell’attaccamento, ossia la percezione del bambino di avere una base sicura a cui tornare.

Prendersi cura di sé per prendersi cura

Le nonne che si sentono sopraffatte dalle emozioni dei nipoti spesso trascurano le proprie. Riconoscere i propri limiti non è egoismo, ma responsabilità. La letteratura sul sovraccarico di chi si prende cura dei bambini mostra che il benessere psicologico dell’adulto è strettamente legato alla qualità della cura che riesce a offrire.

Comunicare ai genitori quando si ha bisogno di una pausa, oppure strutturare gli incontri con i nipoti in momenti della giornata in cui si ha più energia, permette di essere presenti con qualità piuttosto che quantità. Un’ora di presenza emotiva autentica è più regolativa per il bambino di molte ore vissute nella tensione e nell’ansia di non essere all’altezza. Non è la perfezione a favorire lo sviluppo sano, ma la responsività sufficientemente buona e coerente, quella che permette al bambino di sentirsi visto, accolto e accompagnato anche nei suoi momenti più difficili.

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