In sintesi
- 🎬 Un professore 3
- 📺 Rai 1, ore 21:30
- 📚 La serie racconta la maturità della 5ª B, intrecciando filosofia, sentimenti e drama attraverso le storie di studenti e professori, affrontando temi come identità, amore, crescita e relazioni con profondità e originalità.
Un professore 3, Alessandro Gassmann, Claudia Pandolfi e la maturità tormentata della 5ª B tornano questa sera su Rai 1 con gli episodi 7 e 8, due capitoli chiave di una stagione che sta riscrivendo i codici della fiction scolastica italiana. La serie prodotta da Rai Fiction e Banijay Studios Italy continua a unire filosofia, sentimenti e drama in un modo che, nel panorama generalista, resta quasi una rarità: pop, emozionante, ma anche capace di aprire parentesi culturali e sociali molto più profonde di quanto sembri.
San Benedetto e Kollontaj: quando la filosofia guida davvero la trama
Gli episodi di stasera, “San Benedetto: ora et labora” e “Kollontaj e l’eros alato”, mettono al centro due idee apparentemente lontanissime: da un lato l’equilibrio benedettino tra disciplina e libertà, dall’altro la visione rivoluzionaria dell’amore della femminista Aleksandra Kollontaj. Ed è proprio questa ambizione culturale a renderli così potenti: non sono solo titoli altisonanti, ma vere e proprie lenti attraverso cui leggere i turbinii emotivi dei ragazzi e dei professori.
L’episodio ambientato a Montecassino è un piccolo gioiello nerd per chi ama l’incrocio tra storia, filosofia e fiction. La gita non è un pretesto: diventa il laboratorio perfetto per mettere a fuoco l’“ora et labora” come metafora della crescita. Nella notte del bosco si incrociano tensioni, fragilità e scelte sbagliate che però generano rivelazioni. L’amicizia – forse amore – tra Simone e Thomas si incrina quando esplode la verità sulle bugie, Zeno si perde letteralmente e simbolicamente, e Dante scivola di nuovo verso Anita, in quella zona emotiva sospesa in cui amore e responsabilità continuano a contendersi il primato.
Il cuore filosofico del secondo episodio, dedicato a Kollontaj, è ancora più incendiario. L’amore come pratica responsabile, non come caos: un insegnamento che ribalta molte delle dinamiche portate avanti sin dall’inizio della stagione. La relazione a tre tra Laura, Luna e Matteo viene messa sotto stress e crolla proprio perché l’eros libero senza cura reciproca non regge. Greta e Thomas fanno i conti con gli strascichi della serata a Montecassino, mentre Simone si ritrova smarrito come non mai. Ed è affascinante come la serie riesca a far emergere, quasi senza chiedere permesso, il peso politico e culturale dell’idea di amore elaborata dalla pensatrice russa.
Un cast che cresce con i suoi personaggi
Alessandro Gassmann, nei panni di Dante, continua a sfumare la figura dell’eroe-mentore in qualcosa di molto più umano, incapace di rimanere entro i limiti del ruolo istituzionale. Claudia Pandolfi, con la sua Anita combattuta ma lucida, è la bussola emotiva dell’intera serie. E i giovani funzionano perché sono scritti come persone reali, lontani dai cliché adolescenziali delle fiction più tradizionali: Nicolas Maupas porta con delicatezza la fragilità di Simone, Damiano Gavino dà complessità al tormentato Manuel, e i nuovi arrivati – Greta, Zeno, Thomas – arricchiscono la serie di dinamiche fresche ma credibili.
La regia di Andrea Rebuzzi, subentrato per la terza stagione, mantiene l’estetica soft e luminosa della serie ma aggiunge un ritmo più maturo, perfetto per raccontare l’anno della maturità. È interessante notare come Un professore sia riuscita a superare indenne ben due cambi di regia in tre stagioni, restando coerente nel tono e nel respiro narrativo, un risultato tutt’altro che scontato per una fiction di prima serata.
- La gita di Montecassino come simbolo di passaggio iniziatico
- La crisi Simone–Thomas come riflessione sulla verità nelle relazioni
Questi due punti, che dominano gli episodi di stasera, rappresentano davvero il cuore della stagione. La serie non ha paura di parlare di identità, di amore queer, di modelli familiari complessi e di sperimentazioni sentimentali senza trasformarle in macchiette o in sermoni. È questo uno dei motivi per cui Un professore è diventata una delle fiction italiane più discusse sui social: affronta temi difficili senza rinunciare alla forma pop.
Il retaggio culturale della serie
Un professore riesce a fare una cosa che pochissimi prodotti mainstream italiani hanno il coraggio di tentare: rendere la filosofia un linguaggio narrativo. Chi ama le serie come “Merlí” riconoscerà l’impronta, ma qui l’adattamento è profondamente italiano, più caldo, più emotivo, più melodrammatico – in senso positivo. Nel tempo, questa serie sta costruendo un piccolo lascito culturale: ricordarci che la scuola può essere un luogo narrativo potente, che gli adolescenti meritano storie complesse e che i professori non devono essere macchiette o saggi infallibili.
Stasera, tra la spiritualità benedettina e l’eros alato di Kollontaj, la 5ª B entra nella fase più intensa del suo percorso. E per chi segue la serie dall’inizio, questi due episodi sono un appuntamento imperdibile: il punto in cui filosofia, sentimenti e caos adolescenziale raggiungono il loro equilibrio più fragile e più affascinante.
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